Prima della Consulenza Psicologica: Documenti e Prassi
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Sulla base della Legge n. 56 dell'89, possiamo indicare la Consulenza Psicologica come una delle attività caratterizzanti la professione dello psicologo.
Per definire cosa si intende per Consulenza Psicologica ci rifacciamo al documento "La Professione di Psicologo: Declaratoria, Elementi Caratterizzanti ed Atti Tipici" del Consiglio Nazionale degli Psicologi Italiani del 2015 e leggiamo:
"La Consulenza Psicologica (o Counseling) comprende tutte le attività caratterizzanti la professione psicologica, e cioè l’ascolto, la definizione del problema e la valutazione, l’empowerment, necessari alla formulazione dell’eventuale, successiva, diagnosi. Lo scopo è quello di sostenere, motivare, abilitare o riabilitare il soggetto, all’interno della propria rete affettiva, relazionale e valoriale, al fine anche di esplorare difficoltà relative a processi evolutivi o involutivi, fasi di transizione e stati di crisi anche legati ai cicli di vita, rinforzando capacità di scelta, di problem solving o di cambiamento".
Nel Codice Deontologico degli Psicologi Italiani (scaricabile qui) viene precisato cosa siamo tenuti a fare per legge. Vediamo alcuni articoli:
Articolo 24
"Lo psicologo, nella fase iniziale del rapporto professionale, fornisce all’individuo, al gruppo, all’istituzione o alla comunità, siano essi utenti o committenti, informazioni adeguate e comprensibili circa le sue prestazioni, le finalità e le modalità delle stesse, nonché circa il grado e i limiti giuridici della riservatezza. Pertanto, opera in modo che chi ne ha diritto possa esprimere un consenso informato. Se la prestazione professionale ha carattere di continuità nel tempo, dovrà esserne indicata, ove possibile, la prevedibile durata".
In questo articolo viene stabilito che l'utente dev'essere adeguatamente informato circa l'attività che si andrà a svolgere. Stiamo parlando di Consenso Informato (scarica modello Consenso Informato) ovvero il consenso ottenuto da un soggetto adulto e in grado di capire l'ambito per cui presta il consenso.
Le informazioni sono relative al tipo di prestazione, allo scopo e alla modalità con cui verrà svolta l'attività (se prevedibile anche la durata). Vanno precisate le caratteristiche e i limiti del segreto professionale dello psicologo e l'uso che verrà fatto dei dati sensibili raccolti. Tutte queste informazioni devono essere comprensibili e complete, e il consenso dev'esse libero, non ottenuto dietro minaccia. Esiste anche un consenso non volontario come nel caso di perizie o di trattamenti svolti in carcere e stabiliti per legge.
Per quanto riguarda il lavoro con i minori o con le persone interdette, incapaci cioè di provvedere ai propri interessi, il Codice Deontologico stabilisce che il Consenso Informato dev'essere chiesto ai genitori o al tutore dell'utente (scarica il modello del Consenso Informato per i Minori). Ci rifacciamo in questo caso, non solo a quanto stabilito dall'articolo 24 ma anche all'articolo 31:
Articolo 31
"Le prestazioni professionali a persone minorenni o interdette sono, generalmente, subordinate al consenso di chi esercita sulle medesime la potestà genitoriale o la tutela.
Lo psicologo che, in assenza del consenso di cui al precedente comma, giudichi necessario l’intervento professionale nonché l’assoluta riservatezza dello stesso, è tenuto ad informare l’Autorità Tutoria dell’instaurarsi della relazione professionale. Sono fatti salvi i casi in cui tali prestazioni avvengano su ordine dell’autorità legalmente competente o in strutture legislativamente preposte".
Articolo a cura della dott.ssa Francesca Di Girolamo
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