La Comunicazione Non Verbale
Comunicare significa letteralmente "mettere in comune". Ciò che viene messo in comune nella comunicazione non sono beni materiali ma più che altro sono messaggi che esprimono intenzioni, sensazioni, pensieri, sentimenti, informazioni. Il modo più usuale di comunicare è la comunicazione interpersonale diretta, quella faccia a faccia con l'interlocutore.
La comunicazione interpersonale è composta da due elementi:
- Il contenuto del messaggio (l'aspetto verbale che coinvolge il linguaggio);
- La forma del messaggio, determinata dagli aspetti paraverbali (il tono, il volume e il ritmo della voce) e non verbale (la mimica, la postura, i gesti).
Albert Mehrabian, professore alla UCLA University of California at Los Angeles nel 1967 realizzò due studi che pubblicò in due libri, Silent Messages del 1971 e Nonverbal Comunication del 1972.
Questi studi erano tesi a misurare quanto le componenti della comunicazione (verbale, paraverbale e non verbale) contassero percentualmente durante la manfestazione di emozioni e atteggiamenti. Questa ricerca è appunto conosciuta come la regola del 7-38-55. Da questi studi emerse che quando comunichiamo la credibilità è data al 38% dall'aspetto paraverbale, al 55% da quello non verbale e solo al 7% dal verbale, dal contenuto di ciò che diciamo.
Gli elementi non verbali acquisiscono questa particolare importanza quando si comunicano le emozioni, specialmente quando queste sono incongruenti.
Possiamo quindi riassumere dicendo che per una conversazione efficace bisogna fare in modo che queste tre aspetti siano congruenti e se questo non succede la parte non verbale e paraverbale acquisiscono un peso predominante nella comunicazione.
Concentriamoci ora sulla comunicazione non verbale, tema di questo articolo. Nell'ambito delle scienze della comunicazione, la comunicazione non verbale viene suddivisa in quattro componenti:
- Sistema paralinguistico;
- Sistema cinesico;
- Prossemica;
- Aptica.
Il Sistema Paralinguistico è l'insieme dei suoni emessi nella comunicazione verbale, indipendentemente dal significato delle parole. Esso è caratterizzato da diversi aspetti: tono, frequenza, ritmo e silenzio.
Il sistema cinesico comprende tutti gli atti comunicativi espressi dai movimenti del corpo: movimenti oculari, mimica facciale, gesti e postura.
La Prossemica è il modo nel quale le persone tendono a disporsi a livello spaziale durante la comunicazione.
L'aptica è costituita dai messaggi comunicativi espressi tramite contatto fisico come la stretta di mano, la pacca sulla spalla e così via.
La cultura e la genetica
Molti studi hanno cercato di stabile quanto fosse predominante l'aspetto genetico della comunicazione non verbale rispetto a quello ambientale, se i segnali non verbali siano stati appresi o trasmessi geneticamente. È stato Charles Darwin il primo scienziato ad aver studiato la comunicazione non verbale secondo una concezione innatista.
Nel celebre saggio L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali (1872), mettendo a confronto le modalità espressive corporee dell’uomo e dell’animale, Darwin elabora il principio secondo il quale il linguaggio corporeo nell’uomo è a base innata e per lo più geneticamente ereditato. In particolare, afferma che le espressioni facciali delle emozioni, individuate sia nell’uomo che nell’animale, abbiano una valenza adattiva, esito dell’ evoluzione filogenetica e regolati da precisi processi e meccanismi nervosi. Per esempio la capacità da parte di un animale di riconoscere che un suo simile prova paura e non rabbia può garantire la sopravvivenza, poiché permette di intraprendere determinati comportamenti.
Proprio questi modelli comportamentali, nel corso della selezione naturale, sarebbero divenuti stabili e messi in atto in maniera automatica anche in circostanze non richieste, tale da divenire segnali stereotipati. Per cui, come gli animali, anche gli uomini disporrebbero di un repertorio di segnali riconducibili ad adattamenti filogenetici, con lo scopo di regolarne la coesistenza sociale.
Anche Ekman (1972) confermò alcune intuizioni originali di Darwin circa la gestualità innata e lo fece studiando le espressioni facciali dei membri di cinque culture completamente differenti. Egli appurò che ogni cultura adottava la medesima mimica facciale di base per esternare le emozioni; questo lo portò alla convinzione che doveva trattarsi di una caratteristica innata.
Molte sono le ricerche che hanno focalizzato l’attenzione sulla differenza tra diverse culture nell’attribuzione di significati allo stesso comportamento non verbale (per esempio l’inchino o il saluto) oppure nell’utilizzo di diversi segnali non verbali aventi uno stesso significato sociale.
Efron nel 1941 ha condotto uno studio sulle comunità di italiani e di ebrei immigrati in America, allo scopo di dimostrare l’origine culturale della comunicazione non verbale. I risultati mostrarono come gli atteggiamenti non verbali fossero maggiormente condizionati da fattori culturali, piuttosto che da quelli biologici. Inoltre, gli italiani utilizzavano il linguaggio non verbale come il popolo d’origine, mentre gli ebrei diminuivano il numero di gesti durante la conversazione quando parlavano in lingua inglese.
Possiamo dire che è possibile rintracciare sia aspetti universali con una forte componente innata, sia aspetti che scaturiscono dallo sviluppo storico-culturale e dall’apprendimento sociale del soggetto (Cozzolino, 2007). A volte grazie ai gesti riusciamo a intenderci con persone che parlano lingue diverse, ma altrettante volte i gesti restano incompresi oppure creano forti malintesi (Pease, 1993).
Articolo scritto dalla dott.ssa Francesca Di Girolamo
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